LA SEDE PALAZZO GALDIERI
Palazzo Galdieri - via Trotula de Ruggiero, 26
L'area su cui sorge compare nella documentazione giunta fino a noi il 1° dicembre 1529, già con l'arco sulla strada, quando Giuliano della Fenice, possessore della parte maggioritaria, la riunisce nelle proprie mani con l'acquisto della parte minoritaria da Matteo de Lantella e dalla madre Polisena Guarna. Pervenute agli ultimi anni sessanta di quel secolo al notaio Giovanni Francesco de Santis, le case qui edificate passeranno alla sua vedova Lucrezia Naccarella e ai figli Giovanni Battista e clerico Geronimo, che le cederanno, fra il 1634 e il 1636, ai coniugi Martio de Sparano e Giovanna de Galdo. Il 25 settembre 1643, i detti coniugi cedono la proprietà a Vittoria d'Aiello, moglie di Giovanni Maria Roppolo, che, il 3 luglio 1656, ne venderà due camere terranee, due mezzane e una superiore a Francesco Barra alias Cavaliero, trattenendo la maggior parte della casa palaziata, che, poi, prima del 1663, sarà ceduta ai di Mauro. Il 17 maggio 1679, i fratelli Tommaso Antonio e Fulvio Maria di Mauro assegnano all'altro fratello Gennaro Ludovico, quale patrimonio sacro, l'immobile che è descritto in due quarti, inferiore e superiore.
Nell'Apprezzo del Catasto Onciario (foglio 524, particella 2), il 22 febbraio 1754, l'immobile è descritto come una casa palaziata posta nel luogo detto lo Monte, di Nicola di Mauro (possessore anche di Palazzo San Massimo), consistente in due bassi e tre appartamenti sopra per trentuno stanze, con fontana e loggia, confinante da mezzogiorno, tramontana e levante con strade, da ponente con beni del monastero di Santa Maria della Piantanova.
Agli anni trenta dell'Ottocento sarà la residenza salernitana di Diodata Galdieri, nativa di Mercato nello stato di San Severino, moglie di Aniello Contorti, al quale darà due figli: un maschio, che morirà prematuramente, e una femmina, che sarà monaca di clausura nel monastero di Santa Chiara a Nocera Inferiore. Rimasta vedova e senza eredi, il 18 ottobre 1873, alla presenza dell'allora sindaco Matteo Luciani, fa rogare dal notaio Camillo Casalbore il suo testamento con il quale dona causa mortis (morirà il 27 dicembre dello stesso anno) al comune di Salerno tutti i suoi beni, fra cui alcuni terreni a Lancusi, con l'obbligo da parte dell'ente donatario di istituire nel palazzo un orfanotrofio femminile, poi trasformato in collegio con la gestione, dal 1930, delle suore Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue. Dal 2009 l'immobile ospita oltre la sede operativa della fondazione anche il Museo di strumenti e attrezzi medico-chirurgici dedicato a Roberto Papi.
tratto da Salernostoria